31 agosto 2006

Sopra una poesia di Cesare Pavese

Hai un sangue, un respiro.
Sei fatta di carne
di capelli di sguardi
anche tu. Terra e piante,
cielo di marzo, luce,
vibrano e ti somigliano -
il tuo riso e il tuo passo
come acque che sussultano -
la tua ruga fra gli occhi
come nubi raccolte -
il tuo tenero corpo
una zolla nel sole.

Hai un sangue, un respiro.
Vivi su questa terra.
Ne conosci i sapori
le stagioni i risvegli,
hai giocato nel sole,
hai parlato con noi.
Acqua chiara, virgulto
primaverile, terra,
germogliante silenzio,
tu hai giocato bambina
sotto un cielo diverso,
ne hai negli occhi il silenzio,
una nube, che sgorga
come polla dal fondo.
Ora ridi e sussulti
sopra questo silenzio.

Dolce frutto che vivi
sotto il cielo chiaro,
che respiri e vivi
questa nostra stagione,
nel tuo chiuso silenzio
è la tua forza.
Come
erba viva nell'aria
rabbrividisci e ridi,
ma tu, tu sei terra.
Sei radice feroce.
Sei la terra che aspetta.


La donna è il mondo. In lei si chiude la terra l'acqua, il verde, il cielo. La donna è mondo e nel mondo si vive totalmente, con ogni fibra del corpo. Per Pavese l'universo è un ventre materno, è una donna da amare. Simbolo presente e partecipe, distanza asssoluta di un unione mai completa, di una fusione che sarà totale soltanto nel momento della morte, quando il poeta ritornerà per sempre nel profondo della terra, nel grembo femminile. E la terra non aspetta altro che un corpo da seppellire perchè la terra è morte e vita, crea e distrugge in un circolo continuo e bestiale, come l'amore, eros e thànatos, madre e amante.
L'uomo nella donna si può soltanto perdere, il seme si disperde nel suo chiuso silenzio, in un ventre che accoglie e raccoglie, un ventre che può generare nuovi frutti, con fatica e sofferenza. L'uomo resta vuoto e spoglio, consapevole di esere soltanto una creatura generata, senza il permesso di generare, è un frutto che non ha vita e non respira.

18 agosto 2006

Il mio viso è ridotto ad un solo rumore, un accordo imperfetto di tonalità incomprensibile. Sciolto in un granello di sabbia, ormai l’ho perduto per sempre, senza rimpianti l’ho affidato alle mani esperte del vento, ho slacciato ogni legame.
Di lui rimane ancora questo suono informe, le mani raggruppano di continuo le sue fibre sottili disperse ad ogni passo, senza riuscirvi.

17 agosto 2006

Se mi chiedessero di scegliere una parola soltanto da conservare con me per tutta la vita e cancellare completamente le altre, senza dubbio sceglierei la parola mare. Mare è una parola rotonda e morbida di due sillabe soltanto, levigate e scorrevoli: ma-re. Tu non hai visto il mare? Una frase che suscita immagini di infinito, di freschezza e di calore al tempo stesso. Chi non ha mai visto il mare forse lo può anche immaginare dal suono della parola che lo descrive: il mare deve essere ventoso, formato di acqua che scivola su se stessa e il rumore del mare sarà di certo ritmato e continuo. Impossibile sarebbe stato dare lui un altro termine per sostantivarlo. La M di mare si associa alla maternità, quindi il mare è madre, mano che stringe, morbido magma d’acqua; la lettera A, invece, è la più completa e assoluta, apertura totale dove tutto entra e tutto esce, lettera che contiene altre lettere, A è amore, affetto, abbraccio, ancestrale ricordo, assenza, appartenenza. La R è lettera rotonda e rumorosa, come il respiro del mare, è lettera rapida, ripida, ruvida, raccolta, mentre la E è una lettera difficile, ermetica, eccitante, effimera, elegiaca. Il mare è la sintesi di tutto ciò, una parola che è fatta di mille parole, un po’come l’essere umano con le sue mille facce. Io mi sento pienamente mare.

Apertura

Questo blog nasce dall'inspiegabile e congenita voglia che ha l'uomo di condividere con i suoi simili, anche sconosciuti, i pensieri più disparati che transitano nella sua mente. In queste pagine virtuali ognuno di voi potrà trovare un piccolo luogo dove esprimersi liberamente e lasciare di sè una traccia indelebile.
A presto