Allora, è un attimo e sprofondati così nel divano di casa ci faciamo un pochino abbattere dalla quotidiana stanchezza, dal torpore delle cose fatte, lasciate indietro come macigni appena vomitati. Ancora con i muscoli del petto che fremono per la fatica, il peso della massa corporea comincia stamparsi sui poveri cuscini inconsapevoli di portare su di loro le immagini delle ore prima, incollate così ai pantaloni, alle scarpe. Comunque vadano le cose arriva sempre quell'ora in cui ognuno di noi deve far i conti con il proprio divano. I miei sono due: uno giallo ed uno verde, il verde un poco sbiadito a dire il vero ma rallegrato da quei rombi lievi lievi di un indefinibile colore tra il giallo e il marrone, ecco, ocra, direi proprio divano verde con rombi ocra. Io preferiso il divano verde, per ovvie ragioni di praticità, non fosse per il fatto che è più comodo sdraiarsi su una cosa dì per sè rovinata senza sentire la paura di poterla sporcare e/o accidentalmente danneggiare. Arriva il momento di infilare una dietro l'altra le buone azioni della giornata e disporle vicino alla testa, in prossimità dell'orecchio sinistro, così si possono anche appoggiare allo schienale del divano e magari riposarsi su se stesse, anche loro hanno il diritto di schiacciare un pisolino, o no? attenzione solo a non scchiacciarvi i piedi altrimenti da buone diventerete decadute-buone-azioni, ossia azioncine, azionciuzze da poco. A destra invece, un po' più in basso dell'orecchio, lì tra la mascella ed il collo, mettiamoci le cattive azioni, quelle che ci infastidiscono davvero e che ci sono uscite senza volerlo o magari volendolo, chissà, così in quella sede (ma, beninteso,non stanno sedute) non sarà difficile schiaffeggiarle ogni tanto, ma non quei buffetti scherzosi che si danno ai bambini paffutelli, ma delle vere e proprie legnate per stordirle una volta per tutte. Poi i piedi si divertono a spingere la testiera opposta, la dirimpettaia della televisione che da spenta sembra accesa, da accesa sarebe meglio fosse spenta, fino a quando non si sente quel crik sordo degli ingranaggi mobili sottostanti al nostro strumento di piacevole mollezza (il divano, certo, e che cos'altro mai?). Comunque non è sempre facile ascoltare del jazz stesi sul divano, ti spinge a fare e a disfare, ad esempio ci si sente naturalmente portati a salire le scale due, quattro, sedici volte, certamente senza un motivo per avere solo la parvenza di essere impegnati. D'accordo c'è il jazz più calmo, ma il ritmo, il ritmo c'è sempre. Rimane la classica musica classica ma come fare ad operare un consapevole ascolto impegnati come si è a contare i capelli che sono rimasti imbrigliati nel colletto del giaccone steso alla bell'e meglio sullo schienale...ma comunque soddisfatti per quello splendido parcheggio ad S davanti alla stazione.
Fu vera gloria? Ai posteri l'ardua sentenza.